Archivio annuale 2011

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Mare dentro

Mare dentro, in alto mare – dentro, senza peso
nel fondo, dove si avvera il sogno: due volontà
che fanno vero un desiderio nell’incontro.

Un bacio accende la vita con il fragore luminoso di una
saetta, il mio corpo cambiato non è
più il mio corpo, è come penetrare al centro
dell’universo:

L’abbraccio più infantile, e il più puro dei
baci fino a vederci trasformati in
un unico desiderio

Il tuo sguardo il mio sguardo, come un’eco
che va ripetendo, senza parole: più dentro,
più dentro, fino al di là del tutto, attraverso
il sangue e il midollo.

Però sempre mi sveglio, mentre sempre io voglio
essere morto, perché io con la mia bocca
resti sempre dentro la rete dei tuoi capelli.

Ramòn Sampedro

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Tucker Un Uomo E il Suo Sogno

Delle 51 vetture completate ben 47 sono sopravvissute, compreso il primo prototipo detto “Tin Goose”, conservato allo Swigart Antique Auto Museum in Pennsylvania, che è la vettura “numero zero”, le altre hanno una numerazione di serie dal n. 1001 al 1051 ma quest’ultima non è considerata tecnicamente una delle 51 Tucker originali (50 più la “Tin Goose”) in quanto fu acquistata non finita e completata solo negli anni ’80.

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Ti ho cercato nel dubbio

Ti ho cercato nel dubbio:
non ti trovavo mai.

Sono andato in cerca di te
nel dolore.
Tu non venivi di lì.

Mi sono immerso nel profondo
per vedere se, infine, tu c’eri.
Attraverso l’angoscia,
dilaniatrice, ferendomi.
Tu non sorgevi mai dalla ferita.

E nessuno mi ha fatto cenno
– un giardino o le tue labbra,
con alberi, con baci -;
nessuno mi ha detto
-per questo t’ho perduta –
che tu eri sugli ultimi
terrazzi della gioia,
del riso, della certezza.
Che ti si trovava
sulle cime del bacio
senza dubbi e senza domani.
Nel vertice puro
dell’allegria alta,
moltiplicando giubili
per giubili, per risa,
per incanti.
Annotando nell’aria
le incredibili cifre, senza peso,
della tua felicità.”

P. Salinas

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La finestra difronte – Lettera di Davide a Simone

Caro Simone,
dopo di te il rosso non è più rosso, l’azzurro del cielo non è più azzurro, gli alberi non sono più verdi.
Dopo di te devo cercare i colori dentro la nostalgia che ho di noi. Dopo di te rimpiango persino il dolore che ci faceva timidi e clandestini. Rimpiango le attese, le rinunce, i messaggi cifrati, i nostri sguardi rubati in mezzo ad un mondo di cechi, che non volevano vedere perchè se avessero visto saremmo stati la loro vergogna, il loro odio, la loro crudeltà.
Rimpiango di non aver avuto ancora il coraggio di chiederti perdono. Per questo non posso nemmeno più guardare nella tua finestra. Era lì che ti vedevo sempre, quando ancora non sapevo il tuo nome e tu sognavi un mondo migliore in cui non si può proibire ad un albero di essere albero, e all’azzurro di diventare cielo.
Non so se questo è un mondo migliore ora che nessuno mi chiama più Davide, ora che mi sento chiamare soltanto signor Veroli. Come posso dirlo, senza di te?

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Quando tu mi hai scelto…

Quando tu mi hai scelto
– fu l’amore che scelse –
sono emerso dal grande anonimato
di tutti, del nulla.

Sino allora
mai ero stato più alto
delle vette del mondo.

Non ero mai sceso più sotto
delle profondità
massime segnalate
sulle carte di mare.

E la mia allegria era
triste, come lo sono
quei piccoli orologi,
senza braccio cui cingersi,
senza carica, fermi.

Ma quando mi hai detto : “Tu”
– a me, sì, a me, fra tutti –

più in alto ormai di stelle
o coralli sono stato.

E la mia gioia
ha preso a girare, avvinta
al tuo essere, nel tuo pulsare.

Possesso di me tu mi davi,
dandoti a me.
Ho vissuto, vivo. Fino a quando?
So che tu tornerai indietro.

E quando te ne andrai
ritornerò a quel sordo
mondo, indistinto,
del grammo, della goccia,
nell’acqua, nel peso.

Sarò uno dei tanti
quando non ti avrò più.

E perderò il mio nome,
i miei anni, i miei tratti,
tutto perduto in me, di me.

Ritornato all’ossario immenso
di quelli che non sono morti
e non hanno più nulla
da morire nella vita.

P. Salinas