Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste
Hermann Hesse
Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.
Mahtma Gandhi
Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli:
“Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?”
“Gridano perché perdono la calma” rispose uno di loro.
“Ma perché gridare se la persona sta al suo lato?” disse nuovamente il pensatore.
“Bene, gridiamo perché desideriamo che l’altra persona ci ascolti” replicò un altro discepolo. E il maestro tornò a domandare: “Allora non è possibile parlargli a voce bassa?” Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore.
Allora egli esclamò: “Voi sapete perché si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l’uno con l’altro. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perché?
Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E’ questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano.”
Infine il pensatore concluse dicendo: “Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare.”
Mahatma Gandhi
Una volta che si è trovato se stessi, bisogna essere in grado, di tanto in tanto, di perdersi… e poi di ritrovarsi.
Friedrich Wilhelm Nietzsche
Per diventare bella, una donna non deve voler passare per carina: cioè in novantanove casi in cui potrebbe piacere, deve disdegnare ed astenersi dal piacere, per raccogliere un giorno il rapimento di colui, la porta della cui anima è abbastanza grande per accogliere il grande.
Friedrich Wilhelm Nietzsche
“Sì, così”, replicò il gufo. “Perchè una persona ne ama un’altra nello stesso modo in cui ama se stessa: con tenerezza ed accettazione o con intransigenza e rifiuto”
Marcia Grad.
Questa favola ha una protagonista speciale. Perchè Victoria è una principessa, ma anche qualcosa di più. Lei è tutte quelle donne che, dopo aver trovato il proprio principe azzurro, scoprono come non è tutto azzurro quel che somiglia al cielo, e che non c’è dolore più grande dell’essere ferite dalla persona amata. Sgomenta, incredula, Victoria decide di accettare l’invito di uno strano personaggio, lascia tutto e intraprende il viaggio della scoperta di sè, sul Sentiero della Verità. Lungo il cammino rischia di annegare nel Mare delle Emozioni, è costretta ad attraversare la sconcertante Terra delle Illusioni. A poco a poco impara a distinguere la realtà dai sogni e comprende che una persona può amarne un’altra solo nello stesso modo in cui ama se stessa: con tenerezza e accettazione o con intransigenza e rifiuto. E per quanto sia faticoso abbandonare la strada già segnata e apparentemente più sicura, scopre che è possibile trovare nuove vie, e che ci vogliono sia il sole sia la pioggia per fare un arcobaleno. Saper sognare è un dono, ma il sogno può diventare una gabbia dorata se per realizzarlo si accettano così tanti compromessi da perdere di vista la felicità. Perchè è giusto credere nelle favole. L’importante è saper accettare che la nostra potrebbe essere diversa da quella che abbiamo sempre immaginato.
Victoria sono io. Siete voi. Siamo tutte.
Se hai a dispozione un tuo bel quaderno, scriverai cose più belle.
Mare dentro
Mare dentro, in alto mare – dentro, senza peso
nel fondo, dove si avvera il sogno: due volontà
che fanno vero un desiderio nell’incontro.
Un bacio accende la vita con il fragore luminoso di una
saetta, il mio corpo cambiato non è
più il mio corpo, è come penetrare al centro
dell’universo:
L’abbraccio più infantile, e il più puro dei
baci fino a vederci trasformati in
un unico desiderio
Il tuo sguardo il mio sguardo, come un’eco
che va ripetendo, senza parole: più dentro,
più dentro, fino al di là del tutto, attraverso
il sangue e il midollo.
Però sempre mi sveglio, mentre sempre io voglio
essere morto, perché io con la mia bocca
resti sempre dentro la rete dei tuoi capelli.
Ramòn Sampedro
Delle 51 vetture completate ben 47 sono sopravvissute, compreso il primo prototipo detto “Tin Goose”, conservato allo Swigart Antique Auto Museum in Pennsylvania, che è la vettura “numero zero”, le altre hanno una numerazione di serie dal n. 1001 al 1051 ma quest’ultima non è considerata tecnicamente una delle 51 Tucker originali (50 più la “Tin Goose”) in quanto fu acquistata non finita e completata solo negli anni ’80.
Ti ho cercato nel dubbio:
non ti trovavo mai.
Sono andato in cerca di te
nel dolore.
Tu non venivi di lì.
Mi sono immerso nel profondo
per vedere se, infine, tu c’eri.
Attraverso l’angoscia,
dilaniatrice, ferendomi.
Tu non sorgevi mai dalla ferita.
E nessuno mi ha fatto cenno
– un giardino o le tue labbra,
con alberi, con baci -;
nessuno mi ha detto
-per questo t’ho perduta –
che tu eri sugli ultimi
terrazzi della gioia,
del riso, della certezza.
Che ti si trovava
sulle cime del bacio
senza dubbi e senza domani.
Nel vertice puro
dell’allegria alta,
moltiplicando giubili
per giubili, per risa,
per incanti.
Annotando nell’aria
le incredibili cifre, senza peso,
della tua felicità.”
P. Salinas
Caro Simone,
dopo di te il rosso non è più rosso, l’azzurro del cielo non è più azzurro, gli alberi non sono più verdi.
Dopo di te devo cercare i colori dentro la nostalgia che ho di noi. Dopo di te rimpiango persino il dolore che ci faceva timidi e clandestini. Rimpiango le attese, le rinunce, i messaggi cifrati, i nostri sguardi rubati in mezzo ad un mondo di cechi, che non volevano vedere perchè se avessero visto saremmo stati la loro vergogna, il loro odio, la loro crudeltà.
Rimpiango di non aver avuto ancora il coraggio di chiederti perdono. Per questo non posso nemmeno più guardare nella tua finestra. Era lì che ti vedevo sempre, quando ancora non sapevo il tuo nome e tu sognavi un mondo migliore in cui non si può proibire ad un albero di essere albero, e all’azzurro di diventare cielo.
Non so se questo è un mondo migliore ora che nessuno mi chiama più Davide, ora che mi sento chiamare soltanto signor Veroli. Come posso dirlo, senza di te?
Quando tu mi hai scelto
– fu l’amore che scelse –
sono emerso dal grande anonimato
di tutti, del nulla.
Sino allora
mai ero stato più alto
delle vette del mondo.
Non ero mai sceso più sotto
delle profondità
massime segnalate
sulle carte di mare.
E la mia allegria era
triste, come lo sono
quei piccoli orologi,
senza braccio cui cingersi,
senza carica, fermi.
Ma quando mi hai detto : “Tu”
– a me, sì, a me, fra tutti –
più in alto ormai di stelle
o coralli sono stato.
E la mia gioia
ha preso a girare, avvinta
al tuo essere, nel tuo pulsare.
Possesso di me tu mi davi,
dandoti a me.
Ho vissuto, vivo. Fino a quando?
So che tu tornerai indietro.
E quando te ne andrai
ritornerò a quel sordo
mondo, indistinto,
del grammo, della goccia,
nell’acqua, nel peso.
Sarò uno dei tanti
quando non ti avrò più.
E perderò il mio nome,
i miei anni, i miei tratti,
tutto perduto in me, di me.
Ritornato all’ossario immenso
di quelli che non sono morti
e non hanno più nulla
da morire nella vita.
P. Salinas
Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia legalo con l’intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati.
Alda Merini
Sono folle di te, amore
che vieni a rintracciare
nei miei trascorsi
questi giocattoli rotti delle mie parole.
Ti faccio dono di tutto
se vuoi,
tanto io sono solo una fanciulla
piena di poesia
e coperta di lacrime salate,
io voglio solo addormentarmi
sulla ripa del cielo stellato
e diventare un dolce vento
di canti d’amore per te.
Alda Merini, da “Alla tua salute, amore mio”
Arrivederci a te, mia cara amica, che attendi le mie lettere e leggi la mia vita tra le righe.
Arrivederci a te, mio spietato bruco, che ti nutri della parte oscura della mia mela.
Arrivederci a te, che hai intravisto l’emozione che m’aveva abbandonato…è solo un arrivederci anticipato, questo. Quello reale, quello che sciogliera’ le membra, ce lo diremo stasera.
Forse velocemente e distrattamente.
Perche’ fa meno male.
Forse scandendolo.
A-r-r-i-v-e-d-e-r-c-i.
Perche’ ci nutriamo di emozioni e questa potrebbe essere l’ultima.
David Grossman
Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
Alda Merisi
Mare dentro, mare dentro
senza peso nel fondo
dove si avvera il sogno
Due volontà fanno avere un desiderio nell’incontro
il tuo sguardo, il mio sguardo
come un’ eco che ripete senza parole: più dentro, più dentro
Fino al di là del tutto
attraverso il sangue e il midollo
Però sempre mi sveglio
e sempre voglio esser morto
per restare con la mia bocca
sempre preso nella rete dei tuoi capelli.
Ramon Sampedro